ARTE, MUSICA, POESIA: UN LIBRO ESPLORA LA COMUNICAZIONE SENZA SUONI
Silenzio, parla Dio
di Elena Loewenthal
SOTTO un certo punto di vista, questa è proprio la stagione meno propizia per affrontare l'argomento: l'ultimo dell'anno è alle porte, con i suoi unanimi fragori. Per il saluto a un tempo che va e uno che viene, è d'obbligo un tripudio di frastuoni, di botti che spezzano l'aria. Ma a ben guardare, questo rumoroso festeggiare a suon di botti e fuochi ha radici remote. Anche il primo Capodanno, con cui tutto iniziò, fu in fondo un affronto al silenzio cosmico in cui il nulla - cioè il caos informe - flottava prima che il Creatore pronunciasse il mondo, dandogli forma e sostanza.
Nella Bibbia l'opera dialtro che uno spezzare il silenzio, e un creare attraverso il suono della voce. L'Eterno è Verbo - cioè parola -, e suono, è onda che si propaga e propagandosi da origine a tutto ciò che esiste. La prima rivelazione, quella cui il mondo deve la propria nascita, è dunque un atto di voce. Ma la storia sacra ne conosce altre, silenziose: il roveto ardente che chiama Mosè alla sua vocazione di profeta non sembra crepitare, è un fuoco tacito che colpisce tutti i sensi. Elia non trova Iddio nel tuono o nel terremoto, bensì in una voce sottile che voce non è, piuttosto un respiro silenzioso. Non per
nulla l'ebraico, la lingua del testo biblico, conosce svariati modi per dire quel «silenzio» che in italiano sembra univoco e invece non lo è affatto. Il silenzio significa e comunica
svariate cose, sollecita sentimenti diversi.
«Per difendersi dalle sirene, Odisseo si riempì gli orecchi di cera e si fece incatenare all'albero maestro. Naturalmente tutti i viaggiatori, da sempre, avrebbero potuto fare lo stesso, ma in tutto il mondo si sapeva che un tale espediente era assolutamente inutile. Il canto delle sirene penetrava tutto, figurarsi la cera, e la passione di coloro che venivano sedotti avrebbe spezzato ben altro che catene e alberi maestri... Ora però le sirene hanno un'arma ancora più terribile del canto, ed è il loro silenzio, È forse pensabile, sebbene non sia mai successo, che qualcuno possa salvarsi dal loro canto: sicuramente non dal loro ammutolire. Al sentimento di averle vinte con la propria forza, e all'orgoglio che ne discende e che tutto travolge, nulla di terreno può resistere», scrive Kafka con timor reverenziale per l'argomento che affronta. Il silenzio è un abisso incomprensibile, se viene al posto di un canto che ammalia.
Vi è una questione fondamentale sollevata dalle parole
dello scrittore praghese : il silenzio è una condizione primigenia (come adombrato dal racconto biblico della creazione, preceduta da un caos eterno, informe e muto), oppure è l'alterazione di uno stato di natura in cui il suono pre-esiste? A
questa questione, prospettata su un piano umano, o meglio sociale, cerca di rispondere un libro recente di grande interesse: si tratta di Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione a cura di Nicoletta Polla-Mattiot (Baldini Casoldi Dalai, pp. 279, €14,40}. La curatrice, che coordina qui interventi di mani diverse, da anni con le sue ricerche insegue il silenzio nella letteratura e nell'arte; questa miscellanea potrebbe dunque rappresentare un ottimo viatico per i cultori del ritiro spirituale a Capodanno, così come per i seguaci del rumore ad oltranza.
Certo è che, come è scritto al principio del libro, «dire che il silenzio comunica è un atto di fede», o forse di fiducia, nella possibilità di comunicare. Di qui in poi, il discorso si dipana inseguendo il silenzio nelle direzioni più varie. Vi è il silenzio come «scienza amorosa» o strascico di un certo dongiovannismo, perché tacere è uno dei tanti modi per sedurre. Vi è il silenzio come pausa ad effetto, per creare suspense; il silenzio come iniziazione, o semplicemente come scelta opportuna. Questi sono i silenzi del discorso comune, affrontato nella prima parte. In seguito, Raul Montanari esplora il «non detto» nella narrativa: esso è l'altare
della pagina bianca, ma anche il virtuosismo di raccontare i propri personaggi quando si trincerano dietro il loro mutismo. Anche la creazione artistica è disseminata di pause, spiega Massimo Kaufmann, mentre è particolarmente ardito il capitolo dedicato al silenzio nella musica un paradosso, eppure necessario. «Claudio Abbado sostenne di riuscire a distinguere un pubblico da un altro in base ai secondi che separano l'ultimo suono di una sinfonia di Mahler dallo scoppio dell'applauso», scrive Carlo Migliaccio, invitando a postulare l'eventualità di qualche minuto di silenzio prima di ogni concerto, a titolo «di preparazione, di concentrazione».
Il silenzio come attesa,
come riflessione, come profilassi sentimentale. Anche la filosofia esige un certo silenzio, come quello che usava Socrate ritirandosi a dialogare con il proprio demone. E nell'antica Grecia il cantore si consulta tacitamente con la sua Musa, prima di dare avvio al canto. Giorgio Ierano affronta anche il capitolo del silenzio come propedeutica, o meglio come strumento grazie al quale il maestro ascolta la propria interiorità, prima di tradurla in insegnamento. Il silenzio è anche una temibile pausa di suoni che precede l'apice della tragedia, come quando, nelle Baccanti di Euripide, il cielo tace e tacciono immobili le foglie nella valle boscosa.
Nell'ultima parte del libro si affronta invece il silenzio come disciplina psicoterapeutica. In particolare con i bambini che, con gli animali e i primitivi, hanno in comune l'assenza di parola, e una maggior dimestichezza con il silenzio. Da noi adulti, se non siamo soli, il silenzio è avvertito soprattutto come un momento d'imbarazzo, un drastico calo di argomenti al quale porre subito rimedio, foss'anche con espedienti discutibili come le parole a vanvera. Forse non sarebbe male pensare a uno sdoganamento del
silenzio in società, o per lo meno smettere di considerarlo una minaccia da scacciare appena s'affaccia. Ma, come è detto nella conclusione di questo bel libro, viviamo in una società che negli ultimi cent'anni ha perso il 20% di udito: colpa (o merito: la sordità può essere una sottile, ma efficace arma di difesa) dei suoni di sottofondo di cui la nostra aria è ormai satura. Rumori di motori, di folla, di radio e tv, musica (onnipresente in negozi e ristoranti, persino all'aria aperta delle strade: è l'idiozia collettiva del suono, più che mai in questi giorni di fine d anno. Il silenzio tace, e prima e poi diventa nostalgia.
L'articolo sul sito de La Stampa