Anche l'Italia scopre che star zitti è chic
Ecco la moda delle feste del silenzio
Niente musica, né urla. Vietati anche gli squilli dei telefonini.
Per comunicare si possono utilizzare soltanto carta e penna
di Sabrina Cottone
«Parlare? fa così tanto anni Novanta...». Invece siamo oltre il Duemila, destinazione Terzo millennio, e la battuta raccolta a Washington D.C. rigorosamente dopo la fine di un quiet party racconta una moda che negli Stati Uniti è tendenza e che è già arrivata nei locali con vista lago di Pechino: le feste del silenzio, tre ore che diventano una notte intera per gli amanti delle esperienze estreme, senza rumori e senza suoni. Niente musica né telefonini, né urla, né chiacchiere, un vuoto dove si parla ad alta voce solo dentro e se proprio si vuoi dire qualcosa ad altri (che ci sono e sono tanti) si possono usare carta e matita, il più felpato degli strumenti di scrittura. Il trionfo del silenzio, una specie di pena del contrappasso per la società con il marchio distintivo della comunicazione.
In Italia, Paese di gran caciaroni, l'esperimento è stato tentato e lo sarà ancora dagli organizzatori di speed date, gli incontri al buio che animano le serate di parecchi locali. Nel novembre scorso un silent party è stato organizzato durante una crociera nel Mediterraneo per single e forse si bisserà durante la tre giorni in mezzoal mare con imbarco Barcellona a Pasqua, ma l'esperienza fatica a
uscire dal recinto delle iniziative per cuori a caccia di metà. Eppure la ricerca di silenzio va ben oltre il tentativo di rimorchiare, è un'esigenza sempre più ampia, che si traduce nella scelta di vacanze relax negli hotel du silence come nell'aumento, una vera e propria impennata, di cause per inquinamento acustico. Nell'ultimo anno, raccontano le relazioni di apertura dell'anno giudiziario, i cittadini che sono andati a denunciare decibel di troppo sono cresciuti in maniera assai sensibile.
C'è qualcosa che accomuna quest'ansia di silenzio, assenza di suoni e ricerca di vuoti. È che non c'è nulla di violento o di subito, si tratta di profonde aspirazioni e scelte libere. «Tacere diventa significativo quando si è assolutamente in grado di parlare, ma si sceglie di non farlo» è il leit motiv di Riscoprire il silenzio, il libro curato da Nicoletta Polla-Mattiot per Baldini Castoldi Dalai editore che analizza il fenomeno e declina le molteplici forme in cui si esprime la scelta di non dire. La vastità dei temi e delle materie interessate dimostra che l'assenza di parola tocca tutti gli ambiti, dall'arte alla psicoanalisi alla geografia alla natura fino a letteratura e musica, perché tra le pagine e gli spartiti il silenzio ha un ruolo che da senso alla parola e alla musica. «Il silenzio che segue Mozart è ancora Mozart» recita Roland Barth. E Raul Montanari, autore del contributo sulla narrativa, confessa come «una delle decisioni ineludibili della scrittura arriva quando si pone il problema se dire o non dire una certa cosa».
Dire o tacere? Parlare o stare in silenzio? Non è una scelta banale se è vero che, come assicura lo psicoanalista Giuseppe Maffei «un'importante funzione del silenzio è proteggere il vero sé dalla distruzione». Il silenzio che è anche indice di potenza tutte le volte in cui lo si usa «con uno scopo, una strategia, una volontà tattica». È quel che accade quando l'oratore cerca di attirare l'attenzione del
pubblico durante un congresso, con civetterie e dongiovannismi di uomini e donne che tacciono e fuggono, con la garbata reticenza della buona educazione che suggerisce di non esprimere, con la forza violenta del silenzio del padre famiglia (d'altri tempi?), colui che col non detto riesce a imporre molto più di quanto potrebbero mille alzate di voce. Conclusione: «La parola è strumento di potere. C'è il potere di chi dice di più e meglio (la cultura, la citazione dotta come strumento per soggiogare) e c'è il potere di chi dice meno».
Tacere è anche scelta d'amore perché «la fine arriva quando la si comincia a raccontare». E allora sono mille i motivi per imparare il silenzio in un'epoca piena di analfabeti, come teorizzano anche gli artisti Paul Rebhan e Tony Noe, inventori dei quiet party. Nell'estate di tre anni fa cercavano disperatamente a Manhattan un posto in cui fare quattro chiacchiere. E ecco l'idea: reinventiamo il silenzio. Per gli amanti del genere il prossimo appuntamento è il 24 febbraio, al Gallery Lounge di New York. Si comincia a star zitti alle sei e mezza del pomeriggio. L'ingresso alla silent room, come è ovvio una camera totalmente insonorizzata, costa dieci dollari. L'alternativa resta sempre casa propria.