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Il Giorno n°48

E quel bel tacer fu finalmente scritto

Polla-Mattiot/Un'arte da scoprire

di Maurizio M. Fossati

Stare zitti, tacere. Quante occasioni perse! E dopo non resta che mordersi la lingua. Bella soddisfazione, ma allora sarebbe meglio pensarci prima. E stare più spesso a labbra serrate. «È tradizione popolare che il silenzio sia d'oro, la parola d'argento». Non solo. «Chi tace può apparire più di quello che è. Chi racconta tutto di sé, si rende accessibile e terreno. Chi meno parla, meno sbaglia, lasciando intendere riflessività e acume. C'è una presunzione d'intelligenza: un'aura di rispettosa deferenza circonda colui che sa centellinare le parole, ne fa raro e quindi prezioso impiego». Lo scrive Nicoletta Polla-Mattiot nel suo saggio «Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione» (Badini Castoldi Dalai, pagg. 280, euro 14.40). Un libro ricco di interventi e nato, come troviamo scritto, dal «viaggio di un gruppo di amici per sperimentare la semplice convinzione che il silenzio ha molto da dire, in molti luoghi». Una raccolta di contributi letterari e ideologici, quindi, che, pur non volendo trarre «conclusioni definitive» e non avendo «la pretesa di completezza didattica», risultano scorrevoli da leggere, gustosi, intriganti. Il volume inizia con una domanda: «A che cosa serve il silenzio?» E già poche righe dopo fornisce le prime indicazioni: «Tacere diventa significativo quando si è assolutamente in grado di parlare, ma si sceglie di non farlo». E ancora, nel paragrafo dedicato alle emozioni e all'amore: «II silenzio riesce a spostare l'attenzione da quello che le persone dicono al loro stato d'animo. Funziona come cassa di risonanza delle emozioni: le esprime e insieme le induce». E sempre a proposito di emozioni, ecco il paragrafo sull'arte: «Ogni qual volta il nostro senso della vista è messo fortemente in gioco, il silenzio assume un significato di ascolto».
Il volume, quindi, è quel filo rosso che può guidarci in un viaggio attraverso i tanti silenzi. Quelle pause che, pur contrapponendosi alla parola, la fortificano e la integrano attraverso un'altalena di sfumature.