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La Sicilia n°24

La bellezza è senza parole

Il primato del silenzio nei saggi di artisti, letterati e psicanalisti riuniti in un libro di Nicoletta Polla-Mattiot

di Maria Mataluno

A dispetto di quanto oggi si pensa, infatti, il silenzio - come ben sapevano gli antichi che lo definivano "d'oro" - non è la negazione dell'espressione, ma anzi una sua componente fondamentale, talora un ornamento. È questa la tesi del libro Riscoprire il silenzio (Baldini Castoldi Dalai, 279 pagine, 14,40 euro) in cui la giornalista Nicoletta Polla-Mattiot dimostra come ogni forma di espressione umana trovi nel silenzio un alleato.

Nel 2002 l'artista Paul Rebhan e il cantautore Tony Noe si danno appuntamento in un bar di New York per fare due chiacchiere, ma il ru-more e la musica assordanti rendono impossibile la conversazione. Ogni città - pensano allora - dovrebbe avere un luogo consacrato al silenzio, dove chi vuole possa raccogliersi in meditazione, mettersi in ascolto dei propri e degli altrui pensieri. E' stata questa la genesi di uno dei locali più trendy della Grande Mela, il "Silent Party", dove artisti, intellettuali e deejay in overdose da discoteca vanno a disintossicarsi dall'inquinamento acustico.
E la moda è dilagata anche al di qua dell'Atlantico. Isole di silenzio nel mare del frastuono quotidiano sono spuntate in Germania, Inghilterra, Giappone, Italia, sintomo di un'esigenza oggi sempre più sentita: l'assenza di rumore non solo come fonte di benessere psicofisico, ma anche come strumento per soddisfare la più elementare necessità umana, quella di comunicare.
A dispetto di quanto oggi si pensa, infatti, il silenzio - come ben sapevano gli antichi che lo definivano "d'oro" - non è la negazione dell'espressione, ma anzi una sua componente fondamentale, talora un ornamento. È questa la tesi del libro Riscoprire il silenzio (Baldini Castoldi Dalai, 279 pagine, 14,40 euro) nel quale la giornalista Nicoletta Polla-Mattiot ha raccolto i saggi di diversi studiosi - storici dell'arte e della musica, critici letterari e psicanalisti, naturalisti e antropologi, - per dimostrare come ogni forma di espressione umana trovi nel silenzio un prezioso alleato.
Se abbiamo instaurato la società del rumore, è probabilmente perché, come scrisse Carl Gustav Jung, il silenzio che significativamente si definisce "di tomba" ci rende terribilmente inquieti.
"Perché? - si chiede il grande psicanalista. - Vi si agitano forse i fantasmi? Non credo; in realtà si teme ciò che potrebbe venire fuori dal proprio intimo, quello cioè che abbiamo tenuto alla larga col rumore."
A rendere il silenzio sospetto agli occhi di molti, poi, è la sua identificazione col nulla, con la paralisi del linguaggio e quindi del pensiero. Ma questo è un madornale errore: basta pensare a cosa sarebbe un discorso senza le sue pause, i suoi respiri, le sue esitazioni; e a come catturi la nostra attenzione, mentre ascoltiamo un'orazione, un concerto o una lezione, quell'attesa colma di spettative, quando veramente "si sente volare una mosca", durante la quale l'oratore indugia osservando l'uditorio, il direttore d'orchestra solleva la bacchetta per richiamare a sé lo sguardo dei musicisti, il maestro scrive una frase sulla lavagna.
E ancora, cosa sarebbe un corteggiamento amoroso senza il tacito gioco di sguardi con cui due anime si rivelano un sentimento che nessuna parola saprebbe esprimere?
Proprio per le sue straordinarie doti comunicative tutte le arti umane fanno largo uso del silenzio, tanto da poter dire che ogni forma d'arte, più che per "addizione" - di parole, di forme o di suoni, - proceda per "sottrazione" rispetto a un fondo di silenzio senza il quale nessuna "performance" potrebbe avere luogo. Come lo scultore plasma la statua sottraendo materia al blocco di granito, così lo scrittore non fa che erodere particelle di silenzio dalla pagina bianca, riempiendola di parole.
Ognuna di queste, però, come nota Raoul Montanari nel saggio Sette brevi tesi sul non detto nella narrativa, prende senso dal suo contrasto con la pagina immacolata sulla quale s'incide, con il non detto che rende possibile ogni rivelazione.
Esistono diversi modi di usare il silenzio in letteratura, ad esempio "per deviazione" o "per doppio binario". Nel primo la linea della narrazione procede retta per un certo tratto per poi imboccare una direzione inaspettata e condurci in un luogo che non ci era stato annunciato; nel secondo il senso apparente e il senso nascosto di una storia procedono di pari passo, fino a quando l'uno non si afferma sull'altro, imponendosi come la ragione profonda di ciò che viene narrato.
In ogni caso, accade in letteratura ciò che avviene comunemente nell'esperienza di ognuno di noi: il vero senso della vita ci sfugge sempre, è sempre altrove, e per questo interroghiamo gli altri, sperando che essi siano in grado di svelare ciò che della nostra esistenza rimarrà sempre mistero.
Un mistero con cui si confrontano anche le arti plastiche, che secondo Massimo Kaufmannn proseguono lo sforzo della letteratura di dare voce al silenzio. Si può anzi dire che l'arte, e in particolare quella contemporanea, sia una forma estrema di silenzio, in quanto si presenta come la negazione di ogni forma linguistica, portatrice di un messaggio che è totalmente altro dal linguaggio. Non a caso di una brutta opera d'arte si dice che è "didascalica", intendendo dire con ciò che il suo contenuto è troppo facilmente traducibile in espressioni verbali, laddove l'autentica bellezza è solo quella che lascia "senza parole".
Nella musica il silenzio è altrettanto fondamentale. In quanto esperienza essenzialmente temporale, infatti, la musica è composta non solo di suoni, ma anche di silenzi, pause, interruzioni, che i musicisti sanno caricare dei significati più diversi: essi possono servire per enfatizzare un'emozione, come nella musica romantica di Beethoven e di Brahms, o per tradurre ciò che non è traducibile nemmeno nel linguaggio universale dei suoni, come pensava quel grande interprete del silenzio che era John Cage. Non c'è comunque bisogno di arrivare alle provocazioni dell'artista americano che stupì il mondo proponendo i suoi 4I e 33II di assoluto silenzio, per capire che senza questo "orizzonte silenzioso" la musica non perderebbe solo parte del suo fascino - come nota Carlo Migliaccio nel saggio Quasi niente, piùchepianissimo, - ma anche la sua comprensibilità, perché è la stessa struttura della percezione uditiva a richiedere l'alternanza tra suono e silenzio così come la vista richiede quella tra chiaro e scuro, pieno e vuoto, disegno e sfondo.
E questo non vale solo per la musica "umana": anche nel canto degli uccelli, come spiega Andrea Pirovano, il silenzio ha un ruolo fondamentale. Da una parte esso permette a ogni piccolo di apprendere, tra i mille canti che risuonano in un bosco, solo quello della sua specie, riducendo tutte le altre voci al silenzio; e dall'altra consente a ogni volatile, una volta assolto il compito del corteggiamento e della intimidazione dei maschi concorrenti, di risparmiare energie per azioni altrettanto importanti come costruire il nido e accudire la prole. Se anche la natura ama il silenzio, appare ancora più importante riscoprire questo essenziale strumento di comunicazione e salvaguardarlo. E non solo per una considerazione etica, bensì per un concreto calcolo di costi e benefici: riducendo al minimo il frastuono e rivalutando il silenzio, potremo dare un senso al rumore.

BOX
Rovereto - Il Bello e le bestie
«Il Bello e le bestie. Metamorfosi, artifici e ibridi, dal mito all’ immaginario scientifico": è questo il titolo della mostra-evento in corso al Mart di Rovereto che resterà aperta fino all'8 maggio 2005. Centauri e sirene, fauni e meduse, sfingi e arpie, visioni di sogno e apparizioni da incubo nella cultura visiva occidentale, tra mitologia classica e manipolazioni dell'età contemporanea: questi i temi della mostra, curata da Lea Vergine e Giorgio Verzotti con la direzione progettuale di Gabriella Belli. Partendo dalla seconda metà dell'Ottocento, la mostra attraversa diverse correnti artistiche e giunge fino alle tendenze più recenti, allargando il suo sguardo - negli eventi collaterali e nei tanti saggi del catalogo Skira - anche ai territori della letteratura, del cinema, dello spettacolo e a quelli della scienza e della genetica. Una scelta di quasi 180 opere abbraccia, in uno sguardo sintetico, due secoli di arte visiva - dal Simbolismo all'estrema contemporaneità - in un percorso tematico che confronta epoche, stili e contributi concettuali, mettendo a fuoco problematiche secolari: da Arnold Boecklin a Gustave Moreau; da Auguste Rodin a Franz Von Stuck.