La bellezza è senza parole
Il primato del silenzio nei saggi di artisti, letterati e psicanalisti riuniti in un libro di Nicoletta Polla-Mattiot
di Maria Mataluno
A dispetto di quanto oggi si pensa, infatti, il silenzio - come
ben sapevano gli antichi che lo definivano "d'oro" -
non è la negazione dell'espressione, ma anzi una sua
componente fondamentale, talora un ornamento. È questa
la tesi del libro Riscoprire il silenzio (Baldini Castoldi Dalai, 279 pagine,
14,40 euro) in cui la giornalista Nicoletta Polla-Mattiot dimostra
come ogni forma di espressione umana trovi nel silenzio un alleato.
Nel 2002 l'artista Paul Rebhan e il
cantautore Tony Noe si danno appuntamento
in un bar di New York
per fare due chiacchiere, ma il ru-more e la musica assordanti rendono
impossibile la conversazione. Ogni
città - pensano allora - dovrebbe avere
un luogo consacrato al silenzio, dove
chi vuole possa raccogliersi in meditazione,
mettersi in ascolto dei propri
e degli altrui pensieri. E' stata questa
la genesi di uno dei locali più
trendy della Grande Mela, il "Silent
Party", dove artisti, intellettuali e deejay
in overdose da discoteca vanno a
disintossicarsi dall'inquinamento acustico.
E la moda è dilagata anche al di
qua dell'Atlantico.
Isole di silenzio nel mare del frastuono
quotidiano sono spuntate in
Germania, Inghilterra, Giappone, Italia,
sintomo di un'esigenza oggi sempre
più sentita: l'assenza di rumore non
solo come fonte di benessere psicofisico,
ma anche come strumento per
soddisfare la più elementare necessità umana, quella di comunicare.
A dispetto di quanto oggi si pensa,
infatti, il silenzio - come ben sapevano
gli antichi che lo definivano "d'oro" -
non è la negazione dell'espressione,
ma anzi una sua componente fondamentale,
talora un ornamento. È questa
la tesi del libro Riscoprire il silenzio
(Baldini Castoldi Dalai, 279 pagine,
14,40 euro) nel quale la giornalista Nicoletta
Polla-Mattiot ha raccolto i saggi
di diversi studiosi - storici dell'arte e
della musica, critici letterari e psicanalisti,
naturalisti e antropologi, - per
dimostrare come ogni forma di espressione
umana trovi nel silenzio un prezioso alleato.
Se abbiamo instaurato la società del
rumore, è probabilmente perché, come
scrisse Carl Gustav Jung, il silenzio
che significativamente si definisce "di
tomba" ci rende terribilmente inquieti.
"Perché? - si chiede il grande psicanalista.
- Vi si agitano forse i fantasmi?
Non credo; in realtà si teme ciò
che potrebbe venire fuori dal proprio
intimo, quello cioè che abbiamo tenuto
alla larga col rumore."
A rendere il silenzio sospetto agli
occhi di molti, poi, è la sua identificazione
col nulla, con la paralisi del linguaggio
e quindi del pensiero. Ma questo
è un madornale errore: basta pensare
a cosa sarebbe un discorso senza
le sue pause, i suoi respiri, le sue esitazioni;
e a come catturi la nostra attenzione,
mentre ascoltiamo un'orazione,
un concerto o una lezione, quell'attesa colma di spettative, quando
veramente "si sente volare una mosca",
durante la quale l'oratore indugia
osservando l'uditorio, il direttore d'orchestra
solleva la bacchetta per richiamare
a sé lo sguardo dei musicisti, il
maestro scrive una frase sulla lavagna.
E ancora, cosa sarebbe un corteggiamento
amoroso senza il tacito gioco
di sguardi con cui due anime si rivelano
un sentimento che nessuna parola
saprebbe esprimere?
Proprio per le sue straordinarie doti
comunicative tutte le arti umane fanno
largo uso del silenzio, tanto da poter
dire che ogni forma d'arte, più che
per "addizione" - di parole, di forme o
di suoni, - proceda per "sottrazione" rispetto a un fondo di silenzio senza il quale nessuna "performance" potrebbe
avere luogo. Come lo scultore plasma
la statua sottraendo materia al
blocco di granito, così lo scrittore non
fa che erodere particelle di silenzio
dalla pagina bianca, riempiendola di
parole.
Ognuna di queste, però, come nota
Raoul Montanari nel saggio Sette brevi
tesi sul non detto nella narrativa,
prende senso dal suo contrasto con la
pagina immacolata sulla quale s'incide,
con il non detto che rende possibile
ogni rivelazione.
Esistono diversi modi di usare il silenzio
in letteratura, ad esempio "per
deviazione" o "per doppio binario".
Nel primo la linea della narrazione
procede retta per un certo tratto per
poi imboccare una direzione inaspettata
e condurci in un luogo che non ci
era stato annunciato; nel secondo il
senso apparente e il senso nascosto di
una storia procedono di pari passo, fino
a quando l'uno non si afferma sull'altro, imponendosi come la ragione
profonda di ciò che viene narrato.
In ogni caso, accade in letteratura
ciò che avviene comunemente nell'esperienza
di ognuno di noi: il vero senso
della vita ci sfugge sempre, è sempre
altrove, e per questo interroghiamo
gli altri, sperando che essi siano in
grado di svelare ciò che della nostra
esistenza rimarrà sempre mistero.
Un mistero con cui si confrontano
anche le arti plastiche, che secondo
Massimo Kaufmannn proseguono lo
sforzo della letteratura di dare voce al
silenzio. Si può anzi dire che l'arte, e in
particolare quella contemporanea, sia
una forma estrema di silenzio, in
quanto si presenta come la negazione di ogni forma linguistica, portatrice di
un messaggio che è totalmente altro
dal linguaggio. Non a caso di una brutta
opera d'arte si dice che è "didascalica",
intendendo dire con ciò che il suo contenuto è troppo facilmente traducibile
in espressioni verbali, laddove
l'autentica bellezza è solo quella che
lascia "senza parole".
Nella musica il silenzio è altrettanto fondamentale. In quanto esperienza
essenzialmente temporale, infatti, la
musica è composta non solo di suoni,
ma anche di silenzi, pause, interruzioni,
che i musicisti sanno caricare dei significati
più diversi: essi possono servire
per enfatizzare un'emozione, come
nella musica romantica di Beethoven
e di Brahms, o per tradurre ciò
che non è traducibile nemmeno nel
linguaggio universale dei suoni, come
pensava quel grande interprete del silenzio
che era John Cage. Non c'è comunque
bisogno di arrivare alle provocazioni
dell'artista americano che
stupì il mondo proponendo i suoi 4I e
33II di assoluto silenzio, per capire che
senza questo "orizzonte silenzioso" la
musica non perderebbe solo parte del
suo fascino - come nota Carlo Migliaccio
nel saggio Quasi niente, piùchepianissimo,
- ma anche la sua comprensibilità, perché è la stessa struttura
della percezione uditiva a richiedere
l'alternanza tra suono e silenzio così come la vista richiede quella tra
chiaro e scuro, pieno e vuoto, disegno
e sfondo.
E questo non vale solo per la musica "umana": anche nel canto degli uccelli,
come spiega Andrea Pirovano, il silenzio
ha un ruolo fondamentale. Da
una parte esso permette a ogni piccolo
di apprendere, tra i mille canti che
risuonano in un bosco, solo quello della
sua specie, riducendo tutte le altre
voci al silenzio; e dall'altra consente a
ogni volatile, una volta assolto il compito
del corteggiamento e della intimidazione
dei maschi concorrenti, di
risparmiare energie per azioni altrettanto
importanti come costruire il nido
e accudire la prole. Se anche la natura
ama il silenzio, appare ancora più
importante riscoprire questo essenziale
strumento di comunicazione e
salvaguardarlo. E non solo per una
considerazione etica, bensì per un concreto
calcolo di costi e benefici: riducendo
al minimo il frastuono e rivalutando
il silenzio, potremo dare un senso
al rumore.
BOX
Rovereto - Il Bello e le bestie
«Il Bello e le bestie.
Metamorfosi, artifici e ibridi,
dal mito all immaginario
scientifico": è questo il titolo
della mostra-evento in corso
al Mart di Rovereto che
resterà aperta fino all'8
maggio 2005. Centauri e
sirene, fauni e meduse,
sfingi e arpie, visioni di
sogno e apparizioni da
incubo nella cultura visiva
occidentale, tra mitologia
classica e manipolazioni
dell'età contemporanea:
questi i temi della mostra,
curata da Lea Vergine e
Giorgio Verzotti con la
direzione progettuale di
Gabriella Belli.
Partendo dalla seconda metà
dell'Ottocento, la mostra
attraversa diverse correnti
artistiche e giunge fino alle
tendenze più recenti,
allargando il suo sguardo -
negli eventi collaterali e nei
tanti saggi del catalogo Skira
- anche ai territori della
letteratura, del cinema, dello
spettacolo e a quelli della
scienza e della genetica.
Una scelta di quasi 180 opere
abbraccia, in uno sguardo
sintetico, due secoli di arte
visiva - dal Simbolismo all'estrema contemporaneità -
in un percorso tematico che
confronta epoche, stili e
contributi concettuali,
mettendo a fuoco
problematiche secolari: da
Arnold Boecklin a Gustave
Moreau; da Auguste Rodin a
Franz Von Stuck.