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linguamadre ed. 2009

Parole dure, incalzanti, che nulla nascondono della terribile realtà. Viaggi intrapresi con una speranza di riscatto a volte non mantenuta. L’amore delle donne che non si esaurisce: per una madre, per una città, per una sorella, per un’amica. L’urgenza del ricordo e il bisogno di lasciare alle figlie e ai figli la propria “eredità senza dote” creano un tessuto complesso e ricco. Queste le storie di donne albanesi, cinesi, vietnamite, argentine, brasiliane, croate, nigeriane, iraniane, indiane, romene, albanesi, serbe, cubane, congolesi e di tante altre nazionalità che hanno partecipato alla Quarta edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”. Cammini lenti e faticosi che con caparbietà le donne compiono alla ricerca di un equilibrio che trovano magari nella maternità, nel confronto e nell’amicizia con altre donne o nei piccoli gesti quotidiani che rendono un piatto ricco, fresco e colorato come il tabboulé un sinonimo di corretta integrazione. Perché le persone «non devono sciogliersi le une nelle altre, non devono perdere la propria entità culturale, ma devono fare in modo di comporre una realtà colorata, vivace e appetitosa, che stuzzica il desiderio di ognuno di conoscersi a vicenda».

Regine del caldo

di Rosa Tiziana BRUNO - ITALIA

Cieli limpidi, pennellati vagamente di indaco. Poi il buio e la luce interna, baluardo artificiale davanti alla notte in arrivo. 
E' successo d'estate, su quel treno affollato, dentro un vagone umido di respiri. Intorno a me una collezione di volti che si preparavano ad un sonno leggero e lunghissimo. Il fresco dell’aria notturna ad ogni fermata. 
Ero come in una terra di mezzo. Intrecci di occhi, colori, lingue, dialetti. Venditori algerini con i loro tappeti, carpentieri albanesi dalle mani callose, filippini assonnati, signore russe dal volto rilassato, studenti spagnoli e italiani. Persone mai viste che s’incontravano lì, si conoscevano. Magari cercavano sentimenti. 

Lettera a mia madre

Maria Candelaria ROMERO - ARGENTINA

A Marisa, madre capriola e anche un po’ lupa.

Madre lontana, ti scrivo. Ti scrivo ora perché tu possa cullarmi oppure urlarmi se lo vorrai. Ti scrivo perché tutto è già stato detto e maledettamente ripetuto fino alla noia ma lo si ripete, ancora, per non dimenticare mai.
Molti sono stati i viaggi compiuti assieme. Tu giovane madre ed io un fagotto stretta a te.
Molte pure le frontiere oltrepassate, le dittature, noi profughe, due donne in mezzo ad una guerra.
Oramai è passato del tempo da allora e più nulla ci separa, solo la distanza e noi stesse.
Madre lontana, abiti sulle più alte vette delle Ande ed io qui, figlia nel cuore dell’Europa, Italia.
Madre dei tanti viaggi, desidero ora rivederti, incontrarti di nuovo.
Non è forse per questo che ci si separa? Per incontrarsi di nuovo, madre, madre mia, madre fuoco? Rivedersi di nuovo, come se fosse per la prima volta, o proprio come la prima volta. Ricordi? Quando la nostre vite dipendevamo l’una dell’altra, sospese, tra le labbra dei tuoi genitali.
Anche io sono madre ora, due volte madre, come te, e madre di tanti altri figli persi prima della loro nascita.
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