Cieli limpidi, pennellati vagamente di indaco. Poi il buio e la luce interna, baluardo artificiale davanti alla notte in arrivo.
E' successo d'estate, su quel treno affollato, dentro un vagone umido di respiri. Intorno a me una collezione di volti che si preparavano ad un sonno leggero e lunghissimo. Il fresco dell’aria notturna ad ogni fermata.
Ero come in una terra di mezzo. Intrecci di occhi, colori, lingue, dialetti. Venditori algerini con i loro tappeti, carpentieri albanesi dalle mani callose, filippini assonnati, signore russe dal volto rilassato, studenti spagnoli e italiani. Persone mai viste che s’incontravano lì, si conoscevano. Magari cercavano sentimenti.
Lettera a mia madre
Maria Candelaria ROMERO - ARGENTINA
A Marisa, madre
capriola e anche un po’ lupa.
Madre lontana, ti scrivo.
Ti scrivo ora perché tu possa
cullarmi oppure urlarmi se lo vorrai. Ti scrivo perché tutto è già stato detto
e maledettamente ripetuto fino alla noia ma lo si ripete, ancora, per non
dimenticare mai.
Molti sono stati i viaggi
compiuti assieme. Tu giovane madre ed io un fagotto stretta a te.
Molte pure le frontiere
oltrepassate, le dittature, noi profughe, due donne in mezzo ad una guerra.
Oramai è passato del tempo da
allora e più nulla ci separa, solo la distanza e noi stesse.
Madre lontana, abiti sulle più
alte vette delle Ande ed io qui, figlia nel cuore dell’Europa, Italia.
Madre dei tanti viaggi, desidero
ora rivederti, incontrarti di nuovo.
Non è forse per questo che ci si
separa? Per incontrarsi di nuovo, madre, madre mia, madre fuoco? Rivedersi di
nuovo, come se fosse per la prima volta, o proprio come la prima volta.
Ricordi? Quando la nostre vite dipendevamo l’una dell’altra, sospese, tra le
labbra dei tuoi genitali.
Anche io sono madre ora, due
volte madre, come te, e madre di tanti altri figli persi prima della loro
nascita.